12/04/14

LOU REED - "Perfect Day"


"Il tale diceva che noi, venendo in questa vita, siamo come chi si corica in un letto duro e incomodo, che sentendovisi stare male, non vi può star quieto, [...] sperando di avervi a riposare e prendere sonno, finché senz'aver dormito né riposato vien l'ora di alzarsi." (Giacomo Leopardi, "Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/4104")


"Perfect Day è un'immagine"[¹].



         E' un parco. La serenità. Lo stare insieme. Gli animali allo zoo.
Eppure ci sono delle frasi all'interno di "Perfect Day" che vanno a rompere quello che sembrerebbe un idillio all'insegna della tranquillità tra due persone.
La prima è "you just keep me hanging me on", che vorrebbe dire: "tu mi fai andare avanti", ma è anche una frase gergale utilizzata per indicare l'astinenza fino alla prossima dose.

         D'altro canto, anche la strofa finale, ripetuta quattro volte mentre la musica va a spegnersi con lo stesso passo lieve con cui è iniziata, conferma quell'aria di sottile decadenza e oscurità, come se ci fosse qualcosa che ci stia sfuggendo. "You're going to reap just what you sow": "raccoglierai ciò che hai seminato". Il riferimento potrebbe essere alla sua relazione con Shelley Albin, il grande amore di gioventù di Reed e al rimpianto derivante da quel rapporto, oppure a quella con Bettye Kronstadt, sua futura prima moglie,  ancora, ai suoi conflitti interiori con la sessualità, l'uso di droghe per l'appunto, e il confronto con il proprio ego [²].
         Non dobbiamo dimenticare, infatti, che:

 "Lou Reed fu anche l'uomo che ha conferito dignità, liricità e rock all'eroina, alle anfetamine, all'omosessualità, al sadomasochismo, all'omicidio, alla misoginia, alla passività dei reietti e al suicidio, e poi si è messo a sbugiardare tutti i risultati ottenuti e a rimettersi nei pasticci trasformando tutto in un monumentale scherzo di cattivo gusto[3].

         A suggerire un'interpretazione più complessa e devota alla droga ci sarebbero anche altri passaggi, come quando Reed, con la stessa voce cadenzata e aritmica di sempre, si rivolge all'oggetto di questa giornata perfetta dicendole che riesce a fargli dimenticare di se stesso e a fargli credere di essere qualcun altro, qualcuno migliore, qualcuno più buono. Come un distaccamento da sé, un alienarsi da ciò che si è realmente, verso un lido di beatitudine, che però è solo temporaneo. Dura poco. Il tempo di una giornata perfetta. Il tempo di una dose.





         E l'arrangiamento in crescendo realizzato dal bravissimo Mick Ronson, che fu produttore dell'album "Transformer" - insieme a David Bowie - e che qui suona pure il piano, non gonfia forse il petto di malinconia?


"Perfect Day" non riesce ad essere una canzone gioiosa, anche se veste i panni di un romanticismo puro e quasi convenzionale. Tra le righe si legge qualcosa di inquieto, perché dietro a quella giornata perfetta il protagonista sembra impensierito da qualcosa. Non tanto nel momento in cui ci racconta la sua giornata, quanto in tutte le altre giornate, quelle che non sono perfette, quelle in cui non c'è accenno di serenità e di redenzione. Quelle che non ci ha raccontato. O forse quelle che Lou Reed ci ha raccontato in altre canzoni, in altre storie, con altri personaggi.

Non ci è dato sapere se e quanto di Lou Reed ci fosse nelle sue canzoni. Ma chiunque abbia seguito la sua carriera artistica giurerebbe che in ogni storia, che sia quella decadente e ampollosa dell'album "Berlin" (1973) o quella glam eppure attualissima di "Transformer" (1972), da cui la canzone è tratta, o qualsiasi altro suo lavoro, ci sia sempre qualcosa di suo. Se non tutto. Ogni album sembra essere un capitolo della stessa storia: la sua vita. E al tempo stesso, "è come recitare"[4].


         Scrivere quelle canzoni e poi declamarle davanti ad un pubblico: né più né meno che essere un attore di teatro. Reed non ha mai voluto spiegare le proprie canzoni, soprattutto nei presunti riferimenti autobiografici, quasi a volerle proteggere. Forse, se le avesse spiegate avrebbero perso parte del loro fascino e del loro mistero. Come le note di regia, che sottopongono un film alla visione totalizzante del regista, smorzando la fantasia e la libera interpretazione dell'osservatore. Per questo Lou Reed ha sempre detto che è necessario trovare una chiave di lettura personale: "devi credere a quello che vuoi credere e non a quello che senti dire[5].  Una visione semplice ma inappuntabile, che deve molto alla letteratura. Non a caso, infatti, Reed studiò scrittura creativa e regia. E il suo sogno era quello di riuscire a coniugare l'arte della scrittura con quella del rock. Diceva: "ho sempre avuto la segreta speranza che l'intelligenza che un tempo risiedeva nei romanzi e nei film, potesse essere assimilata dal rock" [6].


         E non si può non pensare che non ci sia riuscito. Sia che si parli di brani famosissimi come "Perfect Day" (nel 1997 la BBC ne fece un singolo a favore dell'UNICEF in cui compaiono, oltre allo stesso Reed, anche suoi illustri colleghi, come Bowie, Bono ed Elton John), sia che si parli dei pezzi più sotterranei scritti da Reed, prima e dopo i Velvet Underground. Nel suo essere così minimalista, così poetico senza filtri e confini, un innovatore violento e spregiudicato, di poche parole ma buone, ha sempre portato in grembo un filo evocatore, una piccola magia che sa e ha sempre saputo di arte.

         Perciò possiamo parlare di "Perfect Day" seguendo un'interpretazione narcotica simil "Trainpotting", oppure possiamo farci cullare semplicemente dal romanticismo delle piccole cose che la canzone ci espone.
In qualsiasi modo vogliate vederla, "Perfect Day" è e sarà sempre un capolavoro.



(12/04/14)


[¹][4] fonte: "Classic Albums: Lou Reed: Transformer", 2001
[²]fonte: Bockris, Victor "Transformer. The Lou Reed Story", 1997
[3] fonte: Lester Bangs Lou Reed Interview in Creem, 1975 
[5]fonte: Lou Reed Interview in Jam! Magazine, 1996
[6]fonte: "La Repubblica XL", 2013



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