11/11/14

Desolazione del cantautore sentimentale: DAMIEN RICE, "My Favourite Faded Fantasy"




“Le mie tristezze sono povere tristezze comuni./ Le mie gioie furono semplici,/semplici così, che se io dovessi confessarle a te arrossirei.” 
(Sergio Corazzini, "Desolazione del povero poeta sentimentale)



Ho pubblicato l'articolo "Damien Rice, My Favourite Faded Fantasy" sul quotidiano "Avanti!" a questo link: click.


(2014, Damien Rice Music./ Pop-folk, Cantautorato)

       La musica di Damien Rice è, ed è sempre stata, sin dal suo esordio con “0” nel 2002, una poesia crepuscolare. Un manifesto di quotidiana emozione, silente, malinconica, ma mai impaurita.
Una quotidianità che sobbalza tra le grinze di un ricordo o di un sorriso che si credevano appiattiti dal tempo. La voce sussurrata del cantautore irlandese sa sussurrare storie ed emozioni come nessun altro negli ultimi anni; riprendendo infatti la lezione dell’indimenticato Nick Drake, Rice ha saputo plasmarla ad uso e consumo della sua Weltanschauung. Laddove Alexi Murdoch si è arenato, mentre il bravissimo James Morrison si trova ancora a metà tra brani deliziosi e canzonette per radio e frattanto che i Coldplay continuano a troieggiare tra i generi dimostrando la loro totale inconsistenza, ecco che Damien Rice continua a imporre in punta di piedi il suo mood fatto di luci di speranza e malinconia. Senza fare rumore.

      Anche in quest’ultimo album dal titolo evocativo, “My Favourite Faded Fantasy”, uscito il 4 novembre, Rice rimane coerente al suo spleen vellutato e carezzevole, ma esso viene indirizzato verso climax di incontaminata bellezza, che rendono l’ascolto ancora più esorcizzante e costruttivo. Il tutto grazie anche al lavoro del produttore Rick Rubin, qui in ottima forma (mica come quando tirò a lucido il sound di “Californication” degli RHCP) che ha realizzato arrangiamenti superbi volti a mettere in risalto la voce di Rice e l’atmosfera dei brani.
       Otto tracce in cui non manca niente, dai rimandi al passato cantilenante e vagamente più spoglio del cantautore, in “The Box”, a “Trusty and True”, in cui compare l’eco di una voce femminile, che ci rimanda a quella di Lisa Hannigan, compagna musicale nei primi due album di Rice ma che ora ha tutt’altra carriera solista in corso.


     E se è vero che “My Favourite Faded Fantasy”, nonostante sia un lavoro compatto, delicato e maturo, non sarà mai all’altezza di quell’album di esordio del cantautore, quello “0” con cui conquistò i nostri cuori ormai tanti anni fa, è vero anche che Damien Rice ancora una volta non ha deluso le aspettative e ci ha cullato nell’ascolto, dall’audace title-track che apre l’opera alla conclusiva “Long Long Way”, prendendoci per mano, facendoci sussultare ad ogni parola. Unico neo dell’album –se proprio lo si vuole trovare- risiede proprio nel songwriting del pezzo scelto come primo singolo, “I don’t want to change you”, più debole rispetto al resto dell’album.
       Al termine dell’ascolto di “My Favourite Faded Fantasy” non si può non ringraziare Damien Rice per averci fatto dono delle sue più intime confessioni, come un fanciullo che riporta in segreto le sue tremule scoperte su di un quaderno, come la sensazione tutta umana di essere sempre dolenti e annichiliti dalla vita, senza aver il coraggio di confessare e abbracciare la verità gnoseologica di ciò che siamo, di ciò che fummo un tempo e di ciò che un giorno saremo.
       L’unico conforto risiede nella bellezza folgorante dei sentimenti con cui potremmo abbracciarci l’un l’altro, e nelle piccole cose. Questo Damien Rice l’ha capito.
       “Le mie tristezze sono povere tristezze comuni./ Le mie gioie furono semplici,/semplici così, che se io dovessi confessarle a te arrossirei.” [Sergio Corazzini]


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                          (11/11/14)


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