12/03/14

Genealogia del female pop: l'avanzata di LORDE e BIRDY



"Chi vuol compiere qualcosa d'immenso,/avesse anche partorito un gigante,/riunisca in silenzio e attenzione/il massimo sforzo nel più piccolo punto." 
(Friederich Schiller, "Poesie Filosofiche")




         Se dovessimo classificare il pop femminile odierno per generazioni, otterremmo due filoni; il primo, più stilisticamente variegato, comprende le classi che vanno dal 1984 al 1986, e infatti vi ritroviamo pop star completamente diverse tra loro, come Katy Perry e Lana Del Rey. Il secondo filone, quello più giovane, comprende cantanti nate tra il 1992 e il 1996. All'interno di quest'ultimo filone possiamo individuare due sottogeneri: il puttan-pop tutto twerk, allusioni, falso romanticismo e addii alla Disney capitanato da Miley Cyrus e, d'altro canto, un art-pop maturo e ambizioso ad opera di giovanissime talentuose come Lorde e Birdy, estranee alle volgarità e al gossip.

         Il dubbio che viene naturale è che però le diciassettenni Lorde e Birdy, più che conquistare le loro coetanee, abbiano accolto consensi da ascoltatori più adulti. Perché, in fondo, queste ragazze rappresentano un'altra medaglia della gioventù, che non è tutta esagerazioni e superficialità e, anzi, ambisce ad una innegabile profondità (anche se poi non sempre la riesce a cogliere interamente).




         Lorde, nome d'arte di Ella Maria Lani Yelich-O'Connor, classe 1996, è una cantautrice neozelandese. Il suo album di debutto, "Pure Heroine", è stato pubblicato a Settembre 2013 e il singolo di lancio, "Royals", si è imposto rapidamente nelle charts americane, per poi conquistare anche l'Europa.

         Le basi utilizzate nelle sue canzoni sono quelle di chi è cresciuta con l'evoluzione della musica elettronica degli ultimi anni nel sangue: una sorta di post-dubstep invaghito dell'hip-hop (altro must di questa generazione) più caldo, da cui viene ripreso l'incedere vocale, che in Lorde si fa però più claudicante che mai. Altra caratteristica della sua musica, sofisticata, moderna e minimale, è il peculiare modo in cui è solita introdurre i cori nei suoi brani, caratteristica che avevamo già notato in "Royals" e che in altri pezzi del disco, come "White Teeth Teens", appare ancora più chiara.
         Nulla è lasciato a caso in questa musica spigolosa e al contempo molto catchy mentre, d'altro canto, la sua immagine non è delle più accattivanti e anzi talvolta risulta un po' inquietante: pelle diafana, rossetto troppo scuro per la sua età, capelli irascibili e un sorriso sbilenco, non proprio simpaticissimo, di chi la sa lunga. E infatti Lorde non ha perso tempo nell'esprimersi liberamente sui suoi colleghi: Lana Del Rey, a suo parere -e a parere di chiunque ne abbia ascoltato le canzoni- verte la sua poetica musicale su un immaginario femminile troppo accondiscendente nei confronti dell'uomo. Lorde si è poi stupita del successo mondiale degli One Direction ("sono un po' sopravvalutati...trovo strano che siano così famosi"), ha definito "pacchiano" David Guetta e ha parlato di Taylor Swift come di un modello poco positivo per le ragazze, poiché perfetto e irraggiungibile.
         Insomma, niente che non si sapesse già. Eppure, così facendo, la giovane neozelandese si sta attirando le ire di tutti i fans dei suddetti artisti, che non sono pochi di certo e che, oltretutto, sono generalmente anche molto giovani e lobotomizzati da pop-politiche di massa americanoidi per arrivare a capire che non si sta parlando delle irragionevoli critiche di una ragazzina arrogante, bensì di personali opinioni, tra l'altro intelligenti e sensate. Ma questi episodi dovrebbero farci riflettere su come chiunque si tiri fuori dallo showbusiness musicale con pareri controcorrente e un modus operandi maturo e personale, ci rimetta tantissimo a livello di immagine. Che, nel mondo del pop, non è poco.







         Un'altra artista degna di nota è l'inglese Jasmine van den Bogaerde, in arte Birdy: cantautrice e pianista, la nostra si è fatta conoscere per aver re-interpretato e portato al successo una canzone di Bon Iver, "Skinny Love", donandogli tridimensionalità e intensità, grazie anche all'uso sapiente del pianoforte come sostituto di una chitarra che nell'originale sembrava quasi una delle basi di LaDiDa.
         Al tempo (2011), Birdy aveva appena 15 anni e forse qualcuno se la ricorderà perché nel 2013 si esibì sul palco dell'Ariston come ospite del Festival di Sanremo davanti al solito Fazio adorante che la presenta come "il fenomeno del momento", anche se in Italia era ancora pressoché sconosciuta. Birdy, comunque, è avvezza al pubblico europeo: oltre che in patria (canterà anche alla cerimonia d'apertura dei Giochi Paralimpici Estivi nel 2012), è molto seguita in Olanda, Belgio e Francia.
         Totalmente diversa da Lorde, artisticamente e caratterialmente, Birdy sembra muoversi sempre attraverso la dicotomia tra sogno e realtà: inseparabile dal suo pianoforte, la ragazza crea atmosfere che sono al contempo eteree e asciutte, e la sua voce, vividissima, è tremendamente essenziale eppure così ben curata, dolce e agile, da far invidia a tutto il carrozzone della kermesse sanremese.
         L'immagine che dà di sé è di artista molto professionale, seria e sensibile. Riservata, però. Perfettamente inglese. Lunghissimi capelli castani a fare da scudo ad un viso giovane e trasognato, occhi scintillanti e l'aria da ragazza qualunque, senza fronzoli per la testa. Appare chiaro che è difficile che tutta questa classicità, mai esente da un velo di consapevole malinconia, possa appagare la fame di una generazione e di una società che vorrebbe ottenere sempre più di ciò che ha e che spesso perde di vista la semplicità come pregio.




         Eppure, al di là delle solite Rihanna, Lady GaGa, Shakira, Katy Perry, e delle degenerate ex starlette Disney, qualcosa di molto bello sembra muoversi nel grembo di Pop-Mom...



             (12/03/14)



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