(2013, Autoproduzione./ Prog-rock)
Spesso parlare di generi musicali risulta improbabile e difficoltoso, a causa delle accezioni e delle pieghe che ogni espressione artistica dotata di personalità è in grado di assumere.
Alcune volte, però, l’impresa risulta ancora più ardua. Come con gli Ångström, band milanese nata nell’ottobre 2011, che deve il suo nome ad un fisico svedese. La loro è una musica in perenne espansione e si proietta un po’ di qua un po’ di là, seguendo una ricerca sonora di chiaro impianto prog, con brani che sono delle vere e proprie piccole suite e rifiutano la canonica forma-canzone. Per assurdo, però, dove è il minimalismo a farla da padrone lasciando da parte la pretenziosità, arrivano le piccole gemme; è il caso del brano “You and I For Hundred Miles“, che sul finale sfocia addirittura in accelerazioni da musica popolare su un tappeto jazzato, al limite del cacofonico, e dell’iniziale “Godard“, stagliata su sonorità esoteriche che pescano un po’ dai Genesis di Peter Gabriel più esotici, un po’ dai fantasmi dell’attuale elettronica.
Quattro brani che difficilmente si delineano in maniera chiara, anzi il più delle volte si arrampicano su territori indefiniti senza lasciare spazio all’easy listening. Non v’è tempo per tirare un respiro ascoltando l’EP d’esordio degli Ångström, la musica occupa tutto lo spazio che trova anche con metodi poco ortodossi quali un sound tanto interessante quanto pesante. Ma forse è giusto così: in fondo loro si definiscono “una miscela di caldi suoni mediterranei sferzati da fredde vibrazioni nordiche. Il resto conta poco”.
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