18/10/15

ERICA MOU - "Tienimi il posto"



"I lunghi singulti/ dei violini/ d'autunno/ mi lacerano il cuore/ d'un languore/ monotono [...]" 
(Paul Verlaine, "Canzone D'Autunno")




Ho pubblicato l'articolo "Erica Mou - Tienimi Il Posto" sulla webzine "Ondarock" a questo link: click.




(2015, Auand Record./Cantautoriato, pop)


Verlaine, nella sua “Canzone d’autunno”, si struggeva il cuore al suono dei violini in un "monotono languore". Non sono riuscita a trovare definizione più efficace di questa per l’ultimo album di Erica Mou, “Tienimi il posto”, in cui le tredici tracce scorrono con leggerezza e limpidezza, seguendo le pagine di un diario, che è quello della sua autrice ma anche un po’ il nostro.

Siamo al quarto lavoro per la cantautrice pugliese, che ora sceglie di allontanarsi dalla Sugar Music e propone quello che è il suo album più intimo, più essenziale, ma anche più maturo. Anzitutto, appare chiara una maggiore consapevolezza della propria voce, che si muove spesso su ritmiche sui generis e metriche poco orecchiabili, nello stile al quale la Mou ci ha abituati, ma con accresciuta naturalezza e competenza. Anche l’aspetto musicale appare più curato, nonostante tutto il disco si fondi sulla voce e sulla capacità autoriale di Erica; così veniamo costantemente accompagnati da una distinta e delicata chitarra acustica, ma non tardano ad arrivare intriganti sorprese, come l’assolo finale di “Depositami sul fondo” e l’elettronica ovattata e tanto vintage della coda di “Quando eravamo piccoli”. E che dire dell’incendere trip-hop di “Le Macchie”, senza dubbio il miglior pezzo del disco? Ma non mancano pezzi più classici, che ci ricordano che Erica Mou è ed è sempre stata una cantautrice, nonostante il forte allure pop: dall’opener “Sottovoce”, alla tradizionalissima “Se mi lasciassi sola”, fino alla ballata pop-rock “Non sapevo mai mentirti”.



“Tienimi il posto” è un disco per chi non ha fretta. Per chi odia correre e urlare. Un disco da ascoltare nella penombra autunnale, quella fioca e ambrata, comodamente, prendendosi il giusto tempo e i giusti spazi. Un lavoro che non vuole ammiccare a quante più persone possibili, ma preferisce esplorare la propria intimità, che viene dunque lasciata scivolare nelle orecchie e nella mente dell’ascoltatore. Si sente che a muovere “Tienimi il posto” è un’urgenza creativa di mettere su carta un periodo di cambiamenti personali e riflessioni, si sente perché è possibile scorgervi i sorrisi e i pianti dietro ogni parola, la dolcezza e “la frastagliata unicità dell’imperfezione”. Ritornano i silenzi, le pause, quei pensieri da far urlare “sottovoce”, le parole rubate, sussurrate, mozzate, violate da sguardi, che non temono di ripetersi o di essere troppo lente. Un "monotono languore".







 (18/10/2015)



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